It Seemed As Though the Mist Itself Had Screamed

An oniric book following the phantasmagoria after Under the Volcano and other Stories. FRANCESCO ZANOT
Ectoplasmi
Maschere africane, reperti storici, esperimenti scientifici, caverne, ritratti d’epoca, pagine di libri, nudi, modelli molecolari, ossa, piante, nuvole e piramidi egiziane. In questo elenco ci sono soltanto alcuni dei soggetti di It Seemed As Though The Mist Itself Had Screamed. Domanda: come fanno a stare tutti in un’unica serie, senza comprometterne l’unitarietà e di conseguenza la capacità di organizzare un discorso di senso compiuto? Per rispondere è sufficiente riferirsi a una caratteristica strutturale del linguaggio utilizzato: la fotografia dà vita a immagini instabili e in continua trasformazione. Anziché essere una sorta di corpo rigido e inerte, come potrebbe inizialmente sembrare, qualsiasi immagine fotografica viene infatti riattivata a partire dal contesto in cui si trova e dalle aspettative di chi la decodifica. Ciò accade grazie allo straordinario esubero di informazioni che contiene, ciascuna delle quali può di volta in volta prevalere o retrocedere, assegnando all’insieme un valore e un significa-to diversi. La sua costante metamorfosi, quindi, si svolge su un piano illusorio, ma non per questo risulta meno radicale o efficace. Lungi dal costituire il cadavere della realtà, la fotografia è il suo fantasma: prende un oggetto, lo trasporta in un’altra dimensione e lo fa ricomparire sotto le spoglie più disparate.
Stefano Graziani sfrutta la natura ectoplasmatica della fotografia e, attraverso lo schema libero del suo lavoro, invita lo spettatore a superare la prima lettura di ogni immagine per effettuarne un’altra e un’altra ancora. L’im-pressione che ne scaturisce è quella di osservare il mondo tenendo gli occhi socchiusi. Le cose in questo modo appaiono sia per quello che sono, sia per ciò che potrebbero essere. Qualche esempio: un foglio di carta diventa il tetto di una casa, una pioggia di scintille una maschera africana, la coda di un camaleonte uno strumento antico, mentre una nuvola assume il peso di una pietra e viceversa. Il rigore pseudoscientifico di ogni singolo fotogram-ma, che trasmette la forza e la bellezza insite negli oggetti (vengono in mente le immagini di attrezzi da lavoro realizzate da Walker Evans per la rivista Fortune, così dirette ed essenziali), non impedisce la loro trasfigurazione. È il principio della psichedelia: si confonde per fare chiarezza.
La struttura di base di ISATTMIHS è quella di una collezione. L’autore ha scelto una serie di oggetti e li ha estratti dal loro contesto originario per accumularli in un nuovo contenitore. Rispetto a qualsiasi raccolta tradizionale, però, questa possiede due caratteristiche fondamentali. Innanzitutto, come si è appena detto, non ha un tema specifico. Piccoli gruppi di oggetti dello stesso genere sono mescolati con svariati altri e sparsi nella sequenza. Il risultato è una specie di atlante tipologico (vedi Gerhard Richter) decostruito ed esploso, ovvero un ritorno al Merzbau (vedi Kurt Schwitters) e alla wunderkammer d’epoca rinascimentale. Alla dinamica della ripe-tizione si sostituisce (meglio, si somma) la sorpresa. Ogni giro di pagina, ogni passaggio all’immagine successiva, nasconde un imprevisto. Spesso, d’altra parte, sono sorprendenti anche i soggetti stessi, che paiono selezionati proprio in virtù della loro stravaganza: il rostro di un pesce sega, un ritratto di gruppo sopra la Sfinge, un’esplo-sione di fumo verde e così via. Ribaltando un modello tipico della fotografia di ricerca, che si interessa al banale per rivalutarlo attraverso la sua immagine, qui sono rappresentati in modo apparentemente banale contenuti del tutto inconsueti. Graziani recupera la meraviglia e la mette al centro del suo lavoro, compiendo una scelta che si lega a questioni filosofiche (è il sentimento che spinge l’uomo a interrogarsi sulla sua esistenza e sul suo rapporto con il mondo), storiche (lo stupore ha guidato l’esperienza della fotografia fino dalla sua invenzione) e politiche (sveglia!).
Ciò che in secondo luogo distingue questa serie da una qualsiasi collezione è il fatto di riunire, anziché esemplari originali, esclusivamente le loro immagini. Si fonda pertanto sulla continua ripetizione di una mancan-za, che da una parte assume un valore rituale (ogni preghiera scaturisce da una privazione) e dall’altra contribuisce ad accrescerne l’eccezionalità. Soltanto in questo modo, infatti, è possibile racchiudere in un unico contenitore alberi, monumenti, animali, quadri, colonne, capitelli, acqua di mare e molto altro ancora. Grandi accumulatori di opere d’arte e curiosità come Federico II d’Asburgo, Pietro il Grande o Anna Maria Luisa de’ Medici sareb-bero rimasti sbalorditi di fronte a una simile varietà. ISATTMIHS funziona in pratica come indice visivo di una raccolta diffusa in luoghi lontani, rivendicando il superamento dei principi di possesso e compresenza. L’atto del fotografare sostituisce quelli dell’acquistare e trasportare, slegando il collezionismo da qualsiasi espressione di potere (si vedano le cariche dei personaggi qui sopra) per tramutarlo in una pura operazione intellettuale. Il pro-cesso alla sua base non è quello della creazione e neppure della semplice selezione, ma più precisamente si tratta di una pratica combinatoria: ogni elemento deve potersi accostare a tutti gli altri senza stridere e aumentando la completezza dell’insieme.
Nel trasferire una serie di oggetti tra loro distanti in un unico punto, ISATTMIHS sublima l’esperienza del viaggio. Ogni volta che si passa da una fotografia alla successiva si ha l’impressione di percorrere una lunga strada, attraversando i continenti e raggiungendo terre lontane. Eppure ciò che manca da questo immaginario sono proprio i luoghi, che appaiono soltanto raramente e sullo sfondo. Graziani ribalta la tradizione fotografica dalla quale proviene, centrata sulla rappresentazione del territorio, spostandosi di svariati chilometri soltanto per catturare immagini di cose. Ci porta con se, ma è come viaggiare bendati. La frustrazione sta nello spazio intor-no a questi oggetti, nell’aria in cui sono immersi, tanto gonfia di aspettative da parte del lettore quanto priva di informazioni contestuali. Come nelle nature morte di Cézanne e Morandi, lo spazio non contiene gli oggetti che si trovano al centro del quadro, ma viene da loro definito, in particolare attraverso le ombre leggere che proietta-no. ISATTMIHS è un anti-viaggio: non soltanto ci porta in giro per il mondo senza che dobbiamo muovere un passo (ciò accade in genere di fronte a un gran numero di fotografie), ma contemporaneamente esclude qualsiasi rapporto con la geografia.
Allo stesso modo, questo lavoro esprime una forma di opposizione nei confronti di un altro termine cui sembrerebbe inizialmente accostarsi: è un anti-inventario. Nonostante la coerenza formale tra le immagini, la rigida semplicità della loro struttura e la sistematica eliminazione di potenziali elementi di disturbo rispetto al soggetto principale, ISATTMIHS non classifica alcunché. Non c’è tipologia che venga delimitata e descritta da questa serie di immagini. Non c’è intento di classificazione o sistematizzazione. Tutto il contrario: la disciplina di un impianto quasi-tassonomico fornisce l’equivalente visivo di uno schema metrico all’interno del quale Grazia-ni può inserire i contenuti con estrema libertà, proprio come un poeta. Così le sue composizioni risultano fra le più letterarie in ambito fotografico. La visione diventa un attributo: si tratta di poesia visionaria, s’intende, in cui personaggi, oggetti ed ambienti apparentemente incompatibili si mescolano fra loro innescando storie fantastiche e dando vita ad un universo che, pure corrispondendo in tutto e per tutto al nostro, stentiamo a riconoscere.

Galleria Mazzoli Editore www.galleriamazzoli.com
Texts Nanni Cagnone Kersten Geers Francesco Zanot